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di Pietro Tilli

Una citta’ di nome Gaborone? A me sembra piuttosto un esotico « italian dessert!» Con questa battuta di gusto discutibile una “supponente ma ignorante” signora inglese, incontrata durante un safari, defini’ la capitale del Botswana, stato immediatamente a nord del Sudafrica. Vi lascio immaginare l’espressione di compassione mista ad un pizzico di disgusto stampata sulle facce dei miei due amici svedesi che a Gaborone ci vivono e lavorano. Ma, onestamente, quanti di noi italiani « di mondo e non » avrebbero saputo rispondere correttamente ? Molti certo, ma non credo la maggioranza, peraltro senza sentirsi autorizzati a fare battute di cattivo gusto… (ci definiscono un popolo sensibile…).

Tra quelli che del Botswana non avevano un’idea precisa figura sicuramente il sottoscritto che, a dir la verita’,

di Africa subsahariana in generale ne sa ben poco. E proprio questa « lacuna » e’ stata la molla che ha spinto mia moglie Charlotte e me a passare le vacanze natalizie in uno dei Paesi meno conosciuti ma piu’affascinanti dell’intero continente africano, ricco di diamanti e meta turistica esclusiva per i suoi spettacolari « ecosafari ».

Tappa obbligata per arrivare a Gaborone e’ Johannesburg, una delle grandi citta’ sudafricane e tristemente famosa per essere stata l’epicentro della lotta all’apartheid, di cui Nelson Mandela ed il ghetto di Soweto divennero il simbolo. Su questa dolorosa fase della recente storia sudafricana si e’ scritto e detto molto, da parte mia, cio’ che posso aggiungere e’ la personalissima impressione che l’apartheid non sia del tutto cancellato. Durante i giorni in citta’ infatti la sensazione, come bianco, di essere un « diverso », una sorta di « occupante » non mi ha mai abbandonato. Intendiamoci, nei quartieri « in » (come Sandton ad esempio) questo non si nota affatto ma, non appena si oltrepassano i confini di queste eleganti aree blindate le cose cambiano radicalmente, il pericolo e’ tangibile, incrocio espressioni non proprio amichevoli e, in generale, c’e’ un’aria di tensione. Qui la diatriba tra bianchi e neri non e’ ancora risolta. Non intendo approfondire questo aspetto quanto metterlo in relazione con la sensazione che si prova quando dopo un’ora di volo, si arriva a Gaborone : drammaticamente opposta.

Volti sorridenti, gente rilassata e ospitale, espressioni accoglienti che mi fanno sentire immediatamente a mio agio. Qui come bianco sei davvero un’ospite, la diatriba tra bianchi e neri, per ragioni storiche, non e’ mai esistita (il Botswana infatti non e’ mai stato una colonia bensi’ un protettorato inglese).

Ospiti di Sofia e Carl, passiamo alcuni giorni a Gaborone (tra i quali il Natale), dall’Italia arrivano notizie di tempeste di neve e temperature polari, qui invece (a bordo piscina…) i gradi sono 37… Nel pomeriggio dopo mezzora di auto siamo subito in piena natura. In un « game park » (cosi’ sono chiamate le riserve dove si effettuano i safari) completamente ecologico, con strade sterrate e natura mozzafiato, incrociamo zebre, un paio di elefanti, vari tipi di gazzelle, facoceri e anche un’intera famiglia di giraffe composta di una decina di elementi. Sono ore bellissime che ci fanno gia’ assaporare cio’ a cui andremo incontro quando ci dirigeremo verso quello che e’ il vero obiettivo del nostro viaggio, il nord del Botswana, dove si incontrano i confini di quattro nazioni : Botswana, Namibia, Zimbawe e Zambia.

Prima tappa il leggendario Delta dell’Okawango, il secondo delta interno del mondo, un posto dove (come del resto in tutto il Botswana) la natura e’ ”padrona” indiscussa della scena. Voliamo a Maun da dove prendiamo un altro ultraleggero (4 posti) ed e’ subito grandissima emozione, sotto di noi si estende questa enorme pianura alluvionale dove l’esuberanza della flora si manifesta in tutta la bellezza delle prime ore del mattino, con il sole non ancora troppo alto.
Passiamo tre giorni in un « lodge » con i bungalow direttamente sulla pianura, gente fantastica che ci accoglie sempre con un sorriso. Per tutto il tempo « trackiamo » elefanti, ippopotami e leoni, con le giraffe che ci osservano costantemente. Un intero pomeriggio lo passiamo nei « Mokoro » le tipiche canoe del delta, lungo diversi canali nei quali si presta la massima attenzione ad evitare gli ippopotami, pericolosissimi a dispetto del loro aspetto simpatico…Sono infatti gli animali che uccidono piu’ esseri umani in assoluto…E a notte, mentre sono intento nel piu’ « impellente dei bisogni », un leone si fa sentire… (« si aggirava intorno al campo per tutta la notte ! » mi diranno).

Dopo il delta e’ la volta del Chobe National Park dove vivono piu’ di 100.000 elefanti ! Ancora una volta il « lodge » e’ bellissimo, direttamente sul fiume, dove facciamo colazione con elefanti ed ippopotami a meno di 300 metri. Ancora una volta la gente e’ stupenda. Facciamo subito amicizia con i locali (parlano tutti un ottimo inglese) e la guida che ci tocca e’ un fuoriclasse. Completamente innamorato del suo lavoro capisce il nostro spirito di curiosita’ ma allo stesso tempo di rispetto verso la « padrona » , stabiliamo un contatto bellissimo e lui ci ripaga mostrandoci angoli del parco (l’area e’ chiamata Serondela) che ci mozzano il fiato, scorrazziamo per un giorno intero in barca e abbiamo incontri ravvicinati con coccodrilli, ippopotami, bufali, e ovviamente i « soliti » elefanti. L’atmosfera e’ elettrizzante, ci muoviamo sempre evitando attegiamenti da « turisti da sbarco », a volte passiamo quarti d’ora in assoluto silenzio (e siamo quattro ottimi conversatori..) ed e’ in silenzio che, la mattina successiva all’alba viviamo la piu’ straordinaria avventura di tutto il viaggio ed uno dei momenti piu’ emozionanti che abbia mai tratto da un viaggio. Ci fermiamo lungo una strada sterrata, su entrambi i lati una fitta vegetazione non consente una gran visibilita’. Il nostro silenzio assoluto e’ interrotto da un leggero fruscio, lentamente come icône proveninienti da un passato remoto uno, due,cinque,venti elefanti sfiorano il nostro fuoristrada completamente aperto sui lati. Ci sono i cuccioli, si fermano, ci guardano, esitano, poi la madre con una leggera pressione della proboscide li spinge avanti come a dire « su su, non abbiate paura »…Ne arrivano a decine, ci guardano tutti, si fermano, vengono verso di noi, l’emozione e’ grande ma gli elefanti sembrano rilassati. La guida ci tranquillizza, restiamo immobili e per venti lunghissimi e fantastici minuti incrociamo gli sguardi di questi magnifici animali, che incutono rispetto ma anche una grande ammirazione. Difficile descrivere quello che ci ha lasciati questo incontro.
Il giorno successivo sconfiniamo in Zimbawe dove, dopo la pratiche burocratiche dei visti, ci attende uno degli spettacoli naturali piu’ incredibili al mondo : le Cascate Vittoria. Non mi preoccupo nemmeno di tentare di spiegarvi il colpo al petto che possono darvi un chilometro e mezzo di cascate alte piu’ di 120 metri… sarebbe ancora una « mission impossible ».
Cio’ che mi preme pero’ sottolineare e’ la grande ospitalita’ e (soprattutto) la grande Dignita’ (con la D maiuscola) del popolo dello Zimbawe, nonostante una situazione drammatica che perdura ormai da piu’ di vent’anni. E sul sig. (minuscolo) mugabe preferisco non approfondire, un buon libro o il grande amico Google possono darvi un’idea di come questo « pezzo di merda » abbia potuto trasformare « il giardino d’Africa » in una nazione in preda alla fame.

Non senza aver ammirato lo spettacolo delle cascate anche dal versante Zambiano dopo un paio di giorni torniamo a Gaborone. Siamo stanchi ma felici, molto incazzati e disgustati per quello che abbiamo visto in Zimbawe ma felici di ritrovare la bella gente del Botswana.

Tutto funziona, sorrisi e distributori automatici di profilattici. Si’, perche quello dell’AIDS e’ l’altra faccia della medaglia. Una tragedia che ha quasi estinto questo popolo gentile ma che, ancora una volta, e’ stato affrontata con dignita’ e coraggio, senza nascondersi dietro assurdi vincoli morali tipici di leader (politici e religiosi) disonesti, sporchi dentro, con qualcosa da nascondere. Qui ci hanno messo un po’ di tempo a capire il problema ma poi, nonostante siano molto religiosi (cristiani), lo hanno discinto dalla mera questione morale appunto. Ed hanno vinto, o quasi, in termini di diffusione della consapevolezza.
Il Botswana un esempio quindi?

Sotto molti aspetti si’, la pace sociale, il corretto sfruttamento delle principali risorse (diamanti e turismo) che garantisce un livello medio di benessere praticamente sconosciuto in quesi tutti gli altri Paesi africani, il livello di istruzione e la totale assenza di corruzione. Ripeto, la totale assenza di corruzione, sottolineata persino da un cartello in aereoporto…

Sui diritti umani ci sono delle ombre, soprattutto per quanto riguarda gli immigrati dallo Zimbawe e la fine misteriosa di alcuni dissidenti, fenomeni che nel Paese non hanno dimensioni significative ma sui quali non bisogna mai abbassare il livello di guardia.

E comunque, sembrero’ un po’ ingenuo, ma l’espressione felice e rilassata sui volti della gente sara’ difficile da incontrare cosi’ frequente in altri luoghi del travagliato, spettacolare, misterioso continente Africano.

Ho gia’ il mal d’Africa…

(Puoi leggere questo articolo nel numero TREDICI del menostressJournal, scaricabile liberamente da QUI !)

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